Condivisione dell'energia ed autoconsumo collettivo


Il tema della sovranità energetica, cioè la ricerca di un'alternativa sostenibile ed etica alle fonti fossili, è sempre più discusso nei GAS, al punto da provocare normalmente nei partecipanti due reazioni opposte: l'interesse, sostenuto anche dall'attualità dell'argomento, e la delusione, quando si affrontano argomenti distanti dalla quotidianità e dalle abitudini.

Purtroppo l'energia non è come il cibo: è immateriale, non si vede, non si tocca. L'energia che entra in casa attraverso il contatore, che sia fossile o rinnovabile, accende la luce allo stesso modo, non si percepisce alcuna differenza, invece quando si gusta una mela bio, si sente subito che è molto più buona di una mela convenzionale. I problemi ambientali e sociali causati dall'uso di energia fossile sono apparentemente troppo grandi e distanti. Semmai il problema dell'energia è quel misto di stupore e impotenza che si prova quando arriva la bolletta. 

Avrete già sentito parlare di Comunità Energetiche Rinnovabili (CER), cioè di gruppi di utenti della rete che producono e condividono localmente l'energia elettrica necessaria al proprio fabbisogno. Lo abbiamo fatto anche noi qualche tempo fa in questo articolo. L'argomento viene spesso trattato per via del sistema incentivante statale che dà un tornaconto economico ai membri della CER, oltre al fatto che si ritiene che all'interno di un GAS sia più facile trovare un gruppo di persone interessate e motivate alla costituzione di una CER. In realtà i GAS che hanno avviato una CER sono ancora relativamente pochi: come si spiega? C'è forse qualcosa che ci sfugge?

Quando si parla di CER, spesso si dà per scontato il meccanismo di scambio dell'energia che realizza l'autoconsumo collettivo, e non se ne comprende pienamente l'enorme potenziale di avanzamento nella transizione energetica. Ritornando all'esempio della mela bio, possiamo affermare che nell'autoconsumo collettivo si trova il "buon sapore" del consumo di energia rinnovabile, quello che ci muove, come per le mele bio, a cambiare le nostre abitudini per fare la differenza.

Il funzionamento dell'autoconsumo collettivo si può mostrare facilmente ricorrendo ad un semplice esempio. Consideriamo una piccola rete di bassa tensione costituita da soli quattro utenti: una azienda, sul cui tetto è installato un impianto fotovoltaico; una scuola; due abitazioni, rappresentata nella seguente figura.

Immagine da: Centro per le Comunità Solari www.comunitasolari.eu

In un dato giorno, l'impianto fotovoltaico ha prodotto 12 kWh, l'azienda ha consumato 3 kWh e i restanti 9 kWh prodotti in eccesso sono stati immessi nella rete. L'energia si distribuisce nella rete elettrica analogamente all'acqua che scende nelle tubazioni di una rete idraulica: dalle "sorgenti" va verso i "pozzi" più vicini e facili da raggiungere, in questo caso va dall'impianto fotovoltaico verso le due abitazioni ed alla scuola. Nello stesso giorno, le abitazioni hanno consumato rispettivamente 3 kWh e 4 kWh, la scuola 2 kWh. In totale 9 kWh, che sono esattamente pari ai 9 kWh di energia rinnovabile in eccesso prodotti dall'impianto fotovoltaico. In conclusione, in quel giorno,  gli utenti della rete hanno autoconsumato collettivamente 9 kWh di energia rinnovabile e non è stata prelevata energia attraverso la cabina di media tensione perché la rete si è alimentata autonomamente con l'impianto fotovoltaico installato sopra l'azienda.

Questo scambio locale di energia che realizza l'autoconsumo collettivo grazie al principio appena descritto, avviene già continuamente in tutte le reti anche nella rete della nostra utenza di casa, senza necessità di alcuna modifica agli impianti attuali. In pratica siamo già tutti parte di una grande comunità energetica senza saperlo. Ad esempio, l'energia prodotta in eccesso dall'impianto fotovoltaico del mio vicino di casa finisce inevitabilmente ad alimentare la mia utenza e quella degli altri vicini, ma ne siamo del tutto inconsapevoli.

Purtroppo questo scambio non viene misurato dai singoli contatori elettrici delle utenze, che non sanno se l'energia arriva dall'impianto fotovoltaico vicino o dalla cabina elettrica; le abitazioni si ritroveranno in bolletta il consumo rispettivamente di 3 kWh e 4 kWh, e la scuola di 2kWh. L'azienda si vedrà rimborsati i 9 kWh immessi in rete attraverso il suo contatore di produzione, senza sapere che in realtà sono serviti per alimentare le utenze vicine. In questo modo l'autoconsumo collettivo, pur avvenendo, non viene per nulla valorizzato.

Il valore dell'autoconsumo collettivo, cioè il "buon sapore" della mela citata in precedenza, è nello scambio di energia rinnovabile. Nel nostro esempio la rete nel suo complesso ha auto-consumato energia rinnovabile senza prelevare nulla dalla cabina elettrica, conseguendo un doppio risultato: ha evitato di consumare energia fossile e ha utilizzato l'energia rinnovabile che altrimenti sarebbe stata sprecata, trasformandosi in calore nei cavi (effetto Joule) e disperdendosi lungo il percorso. In realtà l'esempio descrive una situazione estremamente favorevole in cui tutta l'energia prodotta viene scambiata: ovviamente non è sempre così. Spesso le richieste delle utenze superano l'energia rinnovabile immessa in rete, talvolta invece sono inferiori, e l'energia scambiata è perciò minore. E' quindi importante che la rete sia ben bilanciata tra utenti che immettono energia e utenti che la consumano.

Le utenze che hanno installato un impianto fotovoltaico sono fondamentali nel meccanismo dell'autoconsumo collettivo. Mettere sul tetto un impianto fotovoltaico, è un ottimo modo di avanzare nella transizione energetica, ma non tutti ne hanno l'opportunità. Inoltre, chi ha un impianto fotovoltaico, lo ha dimensionato in base al proprio fabbisogno, per sfruttare al massimo il proprio autoconsumo. Ciò nonostante, nelle ore soleggiate, è facile che si crei un eccesso di produzione immesso in rete che possa essere sfruttato dalle altre utenze. Come abbiamo visto, si tratta di preziosa energia rinnovabile che va assolutamente scambiata, anziché essere dispersa nella rete. In questo modo l'autoconsumo collettivo contribuisce alla transizione energetica: recuperando e valorizzando energia rinnovabile e rendendo le reti locali sempre più autonome e meno bisognose di prelevare energia dall'esterno. Si noti che quest'ultima è anche una finalità politica, di sovranità energetica.

Gli strumenti per valorizzare l'autoconsumo collettivo, sono la costituzione di una CER oppure una CS (Comunità Solare) come dicevamo nell'articolo già citato. In entrambi i casi l'elemento chiave che ci consente di adeguare il nostro consumo alla disponibilità di energia e massimizzare l'autoconsumo collettivo, è la disponibilità in ogni momento dei dati di produzione e consumo della rete. Nel caso delle CS ciò è possibile grazie al sistema di monitoraggio messo a disposizione dal centro per le Comunità Solari. Nel caso delle CER la responsabilità di diffondere i dati è della CER stessa che sceglie autonomamente come farlo, in base alla propria forma organizzativa. Il tema dei dati è molto ampio e ha conseguenze importanti, quindi verrà trattato in un prossimo articolo.

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