Dalle Comunità Energetiche alle Comunità Solari?
Tra gli obiettivi dei GAS c'è anche la ricerca di un'alternativa sostenibile ed etica nel settore dell'energia, che, al pari del cibo, è un bene comune e quindi i cittadini hanno diritto di scegliere come alimentare le proprie utenze. Ne parlavamo circa un anno fa in questo articolo.
Oggi i consumatori finali di energia elettrica, possono associarsi per produrre localmente, tramite fonti rinnovabili, l'energia elettrica necessaria al proprio fabbisogno, “condividendola" (1). Una associazione di questo tipo prende il nome di Comunità Energetica Rinnovabile (CER) ed è un soggetto giuridico autonomo, a partecipazione libera, che ha lo scopo di fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai propri membri, piuttosto che profitti finanziari. La CER gode inoltre di un incentivo statale sull'energia autoconsumata.
Nell'ambito dell'economia solidale è stato sviluppato ulteriormente il concetto di CER, con lo specifico obiettivo di portare oltre ai benefici ambientali anche quelli sociali, introducendo le "CER Solidali" (CERS). Si ritiene, infatti, che la produzione, la condivisione e il consumo di energia da fonti rinnovabili in forme comunitarie, possano non solo essere occasione di innovazione tecnologica e di lotta all’emergenza climatica, ma rappresentare anche una chiave per combattere disuguaglianze, povertà energetica e per offrire occasioni di sviluppo grazie ad interventi strutturali non assistenziali che favoriscano l’agire collettivo, le realtà locali e la nascita di nuove figure professionali.
La costruzione di una CER o CERS è abbastanza laboriosa: individuazione dei soggetti interessati, sviluppo di un progetto preliminare compresa l'analisi delle ricadute socio economiche, campagna di comunicazione per la raccolta delle adesioni, studio di fattibilità, costituzione legale della CER(S), costruzione dell'impianto, attivazione della CER presso il GSE. Ricordiamo che le CER si possono costituire solo a partire da nuovi impianti o dal potenziamento di impianti esistenti. Il tornaconto economico e sociale è sostenuto anche dall'incentivo statale, tuttavia costituire una CER, come vediamo, non è affatto semplice. La progettazione e la burocrazia potrebbero risultare pesanti per le piccole realtà "dal basso" e favorire invece i grossi produttori che, attratti dall'incentivo statale, possono offrire la partecipazione ad una CER ai propri clienti.
In realtà l'autoconsumo collettivo l'abbiamo sempre fatto, senza rendercene conto, anche prima che ci fossero le CER, dal momento che l'eccesso di produzione di un impianto rinnovabile, una volta immesso in rete, alimenta per ragioni fisiche le utenze più vicine, ma il nostro contatore non ne tiene conto. Il nostro contatore elettrico, infatti, non discrimina se l'energia arriva dall'impianto fotovoltaico del vicino o dalla cabina elettrica e, tra l'altro, essa ci viene fatturata dal nostro fornitore di energia come se provenisse dalle proprie fonti, anche se ciò fisicamente non avviene.
Partendo da questo concetto, nel 2007, un gruppo di ricerca scientifica dell'università di Bologna, specializzato in pianificazione energetica comunale, ha studiato l'energia consumata nei territori comunali scoprendo che il 70% era legata alle famiglie con le loro case e le loro automobili. Nel 2010 ha creato una piattaforma tecnologica di comunità solare per permettere alle famiglie scambiarsi l'energia prodotta localmente dagli impianti fotovoltaici.
Tra il 2014 e il 2017 il gruppo di ricerca ha costruito un network sperimentale di circa 300 famiglie distribuite su 8 associazioni locali chiamate Comunità Solare Locale, tutte localizzate in provincia di Bologna. Questo nucleo è stato indispensabile per studiare le dinamiche della transizione energetica su scala domestica e sviluppare gli strumenti adatti ad accompagnare le Comunità Solari Locali verso un mondo interamente alimentato da energia rinnovabile. I partecipanti alla Comunità Solare Locale hanno fornito dati sui consumi energetici, dispositivi, stili di vita, e il gruppo di ricerca ha elaborato dei consigli per aiutarli a risparmiare ed inquinare meno.
Nel 2015 è stato istituito il Centro per le Comunità Solari, un’associazione senza scopo di lucro, spin-off dell’Università di Bologna, al quale è oggi possibile rivolgersi per istituire o aderire ad una Comunità Solare Locale. Ma come funziona?
In estrema sintesi, se nel proprio Comune esiste già una Comunità Solare si può semplicemente aderire, laddove invece non esiste una Comunità Solare, servono almeno 3 "Cittadini Solari" che decidano di aderire, per formarne una. I Cittadini Solari possono essere:
- Consumer: consumatori di energia prodotta dalla Comunità;
- Prosumer: hanno un impianto fotovoltaico e vogliono condividere con la comunità l'energia prodotta in eccesso;
- Imprese: hanno grossi impianti rinnovabili e desiderano alimentare la Comunità.
(1) Questo anche grazie all'entrata in vigore del decreto legislativo 199/2021, di cui al momento mancano i decreti attuativi, che recepisce la Direttiva UE 2001/2018 detta REDII.
Commenti
Posta un commento