Il Carnevale


Il carnevale di Venezia ha origini antichissime: la Repubblica Serenissima aveva la necessità di concedere alla popolazione, soprattutto ai ceti sociali più umili (anche per smorzare le tensioni e ai malumori legati ai rigidi limiti imposti dalla Repubblica ai suoi cittadini su questioni come la morale comune e l'ordine pubblico) un periodo dedicato interamente al divertimento e ai festeggiamenti.

Durante il Carnevale i veneziani e i forestieri si riversavano in tutta la città a far festa con musiche e balli sfrenati. Attraverso l'anonimato che garantivano maschere e costumi, si otteneva una sorta di livellamento di tutte le divisioni sociali e i cittadini potevano celare totalmente la propria identità: era autorizzata persino la pubblica derisione delle autorità e dell'aristocrazia. Un periodo spensierato di liberazione dalle proprie abitudini quotidiane e da tutti i pregiudizi e maldicenze. La partecipazione gioiosa e in incognito a questo rito di travestimento collettivo era, ed è tuttora, l'essenza stessa del Carnevale.

Tornato in auge in anni piuttosto recenti, riempie la città in particolare di turisti per cui ai Veneziani non resta che fare buon viso a cattivo gioco: certo la vita quotidiana di chi abita a Venezia è limitata dall’afflusso di persone che si riversano nelle calli. D’altra parte, il vantaggio economico per la città non è di poco conto.

Il Carnevale oggi si avvale del recupero di antiche tradizioni come le Marie e il volo dell’angelo.

Anticamente, questi momenti erano legati alla vita del popolo veneziano. Interessante è l’origine della nomina delle Marie, ripresa in forma ovviamente diversa, solo dal 1999.

Per chi non la conoscesse, una buona spiegazione si trova qui: https://www.visitvenezia.eu/venezianita/scopri-venezia/la-festa-delle-marie-la-tradizioneche-univa-popolo-e-nobilta-oggi-legata-al-carnevale

Originariamente il Carnevale di Venezia andava dal 7 di gennaio, giorno successivo all’Epifania al martedì grasso, prima del mercoledì delle ceneri. Oggi i festeggiamenti per il carnevale si concentrano in due settimane.

I  dolci tipici veneziani

 La "fritola”

È uno dei dolci veneziani che più rappresentano il carnevale: veniva prodotta esclusivamente dai “fritoleri”, che nel '600 si costituirono in associazione, ognuno con una propria area dove poter esercitare in esclusiva l'attività. Si posizionavano in strada all’interno di casette di legno nelle quali friggevano e vendevano frittelle calde a tutte le ore del giorno. L’attività veniva tramandata di padre in figlio. La corporazione rimase attiva fino alla caduta della Repubblica. L’impasto tradizionale era realizzato con uova, farina, zucchero, uvetta e pinoli successivamente fritto prevalentemente nello strutto.

Accanto alla “fritola”, altri sono i dolci tipici di questo periodo, come i galani e, da tempi più recenti, i

“Mammalucchi”

I Mammalucchi (il nome “mammalucco” deriva dal vocabolo arabo mamlūk, cioè posseduto, schiavo) costituivano le milizie turche, originariamente formate da un corpo di schiavi convertiti all’islamismo, al servizio dei califfi, impiegati nell’amministrazione e nell’esercito. Per circa due secoli, i Mammalucchi guidarono Egitto e Siria e si succedettero a numerosi sovrani garantendo un periodo di prosperità all’Egitto e favorendo il commercio sul Mediterraneo e con Venezia.

“Ti xe un mamauco” è un modo di dire per indicare una persona stupidotta, sciocca, Non c’è una spiegazione che rimandi ai soldati delle milizie turche egiziane, ma “mammalucco” è una parola il cui suono, nella nostra lingua, già da sé dipinge lo sciocco. La terminazione in “ucco” è propria di diversi spregiativi derisori.

I mammalucchi di Carnevale sono, invece, delle frittelle inventate negli anni 70/80, e che in poco tempo sono diventate molto famose a Venezia. Questi dolci fritti sono una vera specialità che richiama più alla tradizione araba dei dolci di strada che a quella delle tonde frittelle: la forma infatti è a cilindro, cui la frittura conferisce una doratura perfetta e una croccantezza che non arriva all’interno ma si limita a rendere fragrante la superficie. Dietro la loro nascita c’è una storia “romanzata” si dice siano nati da un errore in fase di lavorazione: una frittella “sbagliata”. Il pasticcere, nel fare l’impasto per le frittelle, avrebbe commesso un errore e si sarebbe detto: “che mammalucco sono stato”. Ha poi deciso di reimpastare i vari componenti, aggiungendo l’uva passa e le scorzette d’arancia. Ha diviso l’impasto con una misura simile a un cannolo e l’ha fritto. Il risultato è stato un dolce squisito.

Ma in una recente intervista, il pasticcere Sergio Lotto di Murano, inventore dei

“Mammalucchi” racconta un’altra versione. ha dichiarato come le sue frittelle non siano nate per errore, tutt’altro. Dice:

«Ho continuato a fare delle prove senza la lievitazione dell’impasto fino a quando ho avuto successo. Ho iniziato a fare i mammalucchi da Bonifacio, negli anni ’70; successivamente ho lasciato la ricetta anche a Targa. Entrambi continuano a farli, ma io ho lasciato scritta solo la ricetta base: poi aggiungevo il mio tocco, che non ho rivelato a nessuno. Perché ho scelto questo nome? Il mammalucco in dialetto è un tipo un po’ strambo, insomma “indrio”. Come l’impasto che ho realizzato nel mio laboratorio». (Intervista tratta da “La Nuova Venezia”)

Inutile quindi chiedere o cercare la ricetta dei mammalucchi: si sa quali sono gli ingredienti, ma non come si arrivi al risultato finale.



Carnevale e sostenibilità

Carnevale è una delle feste meno sostenibili: sprechiamo plastica, carta, tessuti e altro senza quasi pensarci. Coriandoli, stelle filanti, schiume e altri agenti inquinanti spesso ricoprono come un manto il suolo, deturpando e sporcando aree verdi e strade.

La città di Venezia da tempo si è posta l’obiettivo di diventare plastic free e per questo il sindaco ha firmato un’ordinanza che vieta la detenzione e la dispersione, in luogo pubblico e aperto al pubblico, di coriandoli in plastica e prodotti simili.

Anche ognuno di noi nel suo piccolo può perseguire semplici accorgimenti per rendere la festa più sostenibile, che sia a casa, a scuola o durante le sfilate.

Accorgimenti:

Sostituire coriandoli e stelle filanti di plastica con prodotti fai-da-te, sminuzzando vecchie riviste, fogli o carte regalo.

Un’idea veramente green? I coriandoli di foglie secche, facili da realizzare seguendo le indicazioni su Greenme.

https://www.greenme.it/casa-e-giardino/diy-upcycling/coriandoli-fai-da-te-carta-fogliecosto-zero/

Riciclare vecchi vestiti per creare il proprio originale costume senza acquistarne di nuovi. Del resto, la mamma di Arlecchino – una delle maschere simbolo del Carnevale – non fece proprio così, mischiando insieme ingredienti preziosi come l’amicizia, la solidarietà, il riuso e la creatività?

È possibile anche riutilizzare il vestito del carnevale passato, oppure scambiarlo o farselo prestare da amici e parenti. Ma, se per caso non si può rinunciare a un costume nuovo, dopo l’uso basta rimetterlo in circolo rivendendolo o prestandolo a propria volta. Con un po’ di fantasia e tempo libero a disposizione si può comunque creare una maschera unica e super originale. https://www.greenme.it/lifestyle/costume-e-societa/carnevale-costumi-fai-da-te-cartone/

Truccarsi con prodotti naturali e biologici per colorare la pelle e il viso evitando i glitter, composti da microplastiche che, una volta lavato il viso, finiscono in mare.

Possiamo affidarci alla cosmesi eco-bio, acquistabile presso negozi specializzati; polveri libere, pigmenti naturali terranno oltretutto lontano eventuali allergie dai delicati visi dei bambini.

Per mangiare i tipici dolci di carnevale e non solo, usare stoviglie riciclabili e compostabili oppure, meglio ancora, quelle di casa.

Nel caso i dolci si preparino di persona, sincerarsi che gli ingredienti siano a chilometro zero e biologici. La scelta dovrebbe essere sostenibile e ponderata evitando inutili sprechi.

Ultimo ma non ultimo, qualora la festa si svolga in ambiente chiuso, una volta conclusa la prima cosa da fare è ripulire tutto. Abituiamo ed educhiamo i bambini a non gettare nulla per terra e insegniamo loro ad essere rispettosi del mondo in cui viviamo.



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