Il Carciofo

La pianta del carciofo, Cynara cardunculus (sottospecie scolymus) è coltivata per le sue parti commestibili: cuore, gambo e foglie sono edibili, anche se quelle esterne vanno selezionate per eliminare le più dure e amare.

Del carciofo mangiamo effettivamente il fiore non ancora dischiuso, il suo ricettacolo e le brattee (erroneamente chiamate foglie).

Il carciofo ha un caratteristico sapore amaro dovuto ad una sostanza aromatica chiamata cinarina.

Il nostro Paese è uno dei principali produttori di carciofi al mondo. Le zone di maggiore produzione sono Sicilia, Sardegna e Puglia, ma alcune varietà sono prodotte anche nel Nordest.

Il nome carciofo deriva dall’arabo haršūf, era coltivato fin dal VII secolo nelle zone della dominazione araba e sono stati gli Arabi a portare la coltivazione del carciofo in Sicilia.  Alcune specie, di più piccole dimensioni erano coltivate già al tempo degli Etruschi e usate anche nell’antica Roma, dove il carciofo era conosciuto (secondo Columella) con il nome “Cynara” (e qui ci dovrebbe venire in mente un famoso digestivo che ne portava il nome) che derivava dall’abitudine di usare la cenere per concimare questa pianta.

Ricchi di fibre e poveri di calorie, i carciofi sono ottimi alleati della salute. Fonti di vitamine, sali minerali e antiossidanti, hanno proprietà depurative. Nella medicina popolare il carciofo viene impiegato soprattutto nel trattamento dei disturbi digestivi. La medicina tradizionale sfrutta questa pianta come rimedio tonico.

I carciofi si possono trovare da gennaio a giugno in base alla varietà.

Le varietà sono molte. Merita dare un’occhiata al seguente sito per vedere quante differenza possa esserci tra un carciofo e l’altro.

Il fiore del carciofo

si trova nel cosiddetto cuore, la parte morbida al suo interno: insomma se non è ancora sbocciato finiamo per mangiarlo, al contrario se il carciofo viene raccolto troppo tardi, il fiore inizia a crescere sotto forma di peletti, la cosiddetta barba del carciofo, con una consistenza non piacevole al gusto. Se l’ortaggio non venisse raccolto in tempo per destinarlo al mercato ortofrutticolo, la barba aumenterebbe di dimensioni fino ad uscire dalle sue brattee verdi con un’ esplosione di colore: dal violaceo al color lavanda.

La leggenda

Un’interessante leggenda sul carciofo ci svela qualcosa in più sul suo nome e sul suo fiore.

Cynara, infatti, era una bellissima ninfa con capelli biondi e occhi verdi sfumati di viola. Il suo fascino era stato notato dallo stesso Zeus che a lungo si era impegnato in un corteggiamento serrato per farla cadere tra le sue braccia. La ninfa, per , non volle mai cedere alle lusinghe del più importante degli dei che, per punizione, decise di trasformarla in una pianta simile al suo carattere: pungente e con una scorza dura, coriacea e striata di verde e di viola. Al suo interno, tuttavia, la ninfa nascondeva un cuore tenero e prezioso che, ogni anno, si svelava solo a chi avesse avuto pazienza di attenderne la fioritura completa.

(Tratto da Marieclaire)

Numerosissime le ricette a base di carciofi, ma una in particolare è tra le preparazioni più conosciute in Italia: i “carciofi alla giudia” fritti due volte in olio d’oliva, conditi con sale e pepe e dalle particolari sembianze di una rosa aperta.

La ricetta nasce dall’incontro tra la cucina romana e la tradizione della comunità ebraica e numerose sono le versioni circa la nascita del termine.

Si dice che questo piatto fosse preparato dalle massaie ebree – che utilizzavano

esclusivamente il carciofo romano della specie “mammola”, tondo e senza spine, tipico del Lazio –  per essere consumato principalmente alla fine della celebrazione ebraica dello Yom Kippur (Giorno dell’Espiazione) o forse durante il Pesach, la Pasqua ebraica.

Un’altra versione sostiene che gli ebrei del ghetto avevano a disposizione l’olio, alimento assai costoso in antichità, e quindi potevano permettersi di friggere i carciofi per due volte. Un’ultima teoria, invece, sostiene che il termine “carciofi alla giudia” sia nato a causa dei continui spostamenti delle comunità ebraiche, che di luogo in luogo adattavano la propria cucina in base agli ingredienti e alle materie prime che trovavano, ma sempre modellandola secondo i principi Kosher che distinguono ci  che si pu  da ci  che non si pu  mangiare. Considerando che la frittura è da sempre parte fondamentale della cucina ebraica, non è da escludere che i carciofi alla giudia vengano chiamati così semplicemente perché vanno fritti.

Impossibile dire quale sia la versione corretta, ma certamente si pu  affermare che furono proprio i romani a chiamare questi carciofi fritti “alla giudia” e cioè “alla giudea” e moltissimi romani si recavano nel ghetto proprio per mangiare questa prelibatezza.

Fondi di carciofo

I fondi di carciofo, una vera prelibatezza, richiedono una preparazione laboriosa: bisogna togliere le foglie, il gambo, tagliare e ripulire la barbetta interna, cospargere di limone per evitare che si anneriscano. Si prestano a moltissime ricette.

Per chi volesse prepararli ad arte, le istruzioni dettagliate e corredate da immagini esplicative al seguente link

Castraùre: il carciofo violetto di Sant'Erasmo

Un discorso a parte meritano le castraure, germogli dei carciofi di prima fioritura, che si trovano solo a Venezia, in particolare nell’isola di S. Erasmo.

Sant’Erasmo è attraversata da canali, e dal Cinquecento è un unico grandissimo orto. Sui terreni argillosi, ben drenati e con una salinità molto alta, crescono verdure saporite, specialmente i carciofi, tanto che la varietà coltivata sulla laguna ha preso il nome proprio da questa isola. Tenero, carnoso, spinoso e di forma allungata, il carciofo di Sant’Erasmo ha le brattee color violetto cupo, una consistenza morbida e un sapore dolcissimo, tanto che normalmente le castraure si mangiano crude in insalata: il loro gusto così particolare dipende dalla salinità dell'acqua della Laguna: in terraferma non avrebbero la stessa dolcezza e croccantezza.

Il periodo migliore per poter assaggiare piatti preparati con le castraùre è maggio, infatti la raccolta inizia a fine aprile e prosegue fino a metà giugno. Vengono raccolti i primi piccoli germogli apicali di carciofo, che viene tagliato per permettere la crescita più rigogliosa degli altri germogli.

Generalmente, la seconda domenica di maggio nell’isola di Sant’Erasmo viene organizzata la sagra del carciofo violetto, in cui si possono assaggiare anche gli altri prodotti dell’isola.

Sono molti gli impieghi di questo particolare carciofo nelle ricette soprattutto locali.

Oggi i coltivatori di carciofi sono rimasti in pochi e la maggior parte sono anziani, i collegamenti con Venezia sono rari e i costi di trasporto elevati, la concorrenza dei carciofi pugliesi e toscani, spacciati come carciofi di Sant’Erasmo, è fortissima. Per questo è nato un Consorzio e poi un Presidio che ha riunito gli ortolani delle isole della laguna: l’obiettivo è distinguere il vero carciofo coltivato sulle isole vicine a Venezia, valorizzarlo e permettere ai produttori di spuntare prezzi più remunerativi.

Gli articiochi, così si chiamano i carciofi a Venezia, sono stati introdotti nella cucina veneziana dalla comunità ebraica e le castraure sono una vera delizia.



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