Frutti dimenticati

Con l'arrivo dell'autunno, la natura si tinge di colori caldi: uno spettacolo che ci regala non solo nell’ambiente intorno a noi, ma anche nella frutta tipica di questo periodo. Le foglie diventano gialle, rosse, arancioni, marroni e la frutta rispecchia questi colori. Melograni rossi, mele rosse, verdi, gialle, pere marroni e gialle, cachi arancioni … colori vivaci e sapori intensi.

Tra i frutti di questo periodo, alcuni sembrano essere meno importanti di altri, vengono cercati e consumati in quantità minore, a volte del tutto tralasciati. Possiamo dire che sono "frutti dimenticati". Vediamo quali sono.


La giuggiola, chiamata anche zizzola, fa parte di questi frutti.

Forse la conosciamo più per il famoso detto “andare in brodo di giuggiole” (espressione metaforica che esprime soddisfazione e appagamento, un particolare momento di estasi) più che per il suo sapore e le sue proprietà.

Il giuggiolo, di provenienza asiatica, ma molto diffuso in Italia e nei paesi mediterranei, riesce a sopravvivere a temperature ben sotto lo zero ed è anche molto resistente ai parassiti, i suoi frutti sono ricchi di vitamina C: a parità di peso, ne contengono circa 20 volte in più rispetto agli agrumi, e quindi aumentano le difese immunitarie e curano malattie respiratorie.

Per secoli le giuggiole sono state utilizzate nella medicina tradizionale cinese e coreana per trattare molti disturbi e malattie, e tutt’ora sono impiegate nell’elaborazione di integratori alimentari e trattamenti erboristici.

La giuggiola ha buccia sottile e liscia, un colore rosso scuro/marrone, polpa compatta e un sapore sì dolce, ma leggermente acidulo.

Le giuggiole si possono consumare fresche subito dopo la raccolta oppure si possono conservare per lungo tempo essiccandole o mettendole sotto spirito.

Nel paese di Arquà Petrarca, in provincia di Padova, si produce un liquore tipico a base di giuggiole chiamato appunto "Brodo di giuggiole". È un infuso idroalcolico naturale a base di frutta autunnale (oltre alle giuggiole mature, si utilizzano le mele cotogne, i melograni e l’uva)  ed è una tipicità del paese, insieme alla sagra della giuggiola che lì si tiene annualmente.

I liquori ottenuti grazie all’infusione delle giuggiole erano conosciuti e apprezzati già presso le civiltà del bacino del Mediterraneo, sin dai tempi degli antichi Egizi e dei Fenici, i quali crearono i primi preparati di cui siamo a conoscenza.

Per saperne di più sul brodo di giuggiole e magari prepararlo https://www.brodogiuggiole.it/ brodo-giuggiole/



Le nespole sono un altro frutto che rientra poco nelle nostre abitudini alimentari e non sono più diffuse come una volta. Eppure sono tra i pochi frutti di cui è possibile tracciare una “storia”. Merito della simbologia e dei rituali che le accompagnavano e che si sono succeduti nel corso dei secoli. Le nespole sono sempre state considerate un frutto “magico” e benaugurante. Per i Romani, l'albero del nespolo aiutava a tenere lontano dalla casa sventure e stregonerie. I frutti erano invece simbolo di prudenza, saggezza e pazienza; regalare un rametto di nespole era considerato di buon augurio in occasione dei matrimoni.

Il nespolo comune è quindi una pianta conosciuta in Europa fin dall'antichità, coltivata sulle rive del Mar Caspio e poi via via nell'Asia Minore e in tutto il bacino del Mediterraneo. Le nespole  vengono raccolte a ottobre, ma non sono immediatamente commestibili. Questo a causa del sapore eccessivamente astringente per l'elevata quantità di tannini e per la presenza di acido acetico e formico.

Devono pertanto essere lasciate maturare per diverse settimane, su un letto di paglia fino a quando assumeranno il tipico colore marroncino. Ed ecco spiegato un altro detto che è a pieno titolo entrato nei nostri modi di dire: “tempo e paglia maturano le nespole”. Il significato del proverbio è quello di aver pazienza oppure di attendere una soluzione che prima o poi arriverà..

Un tempo le nespole erano tra i pochi frutti dal sapore dolce che si potevano consumare nei mesi invernali. La fermentazione, infatti, genera un ammorbidimento della polpa e la liberazione degli zuccheri che ne trasformano completamente il sapore. Alle nespole venivano associate una miriade di benefici per la salute: aiutano la digestione, sono ricche

di vitamina C e hanno un ottimo potere saziante, ad onta del limitato apporto calorico.

Le nespole comuni non sono da confondere con quelle giapponesi, provenienti appunto dall’oriente, che si consumano già a partire dalla fine di maggio. Quando raccolte poco mature, conservano ancora un po' del sapore acidulo delle loro “parenti” europee. Dunque, anche qui, meglio usare un po' di pazienza e consumare solo nespole ben mature.



E che dire del Corbezzolo? Originario del bacino del Mediterraneo, è un alberello sempreverde alto 5-6 m, con portamento spesso arbustivo.


Fiorisce da ottobre a dicembre e fruttifica nell'autunno seguente. Il frutto e' una bacca tonda di 1-2 cm, rosso scura, con superficie ricoperta di granulazioni, polpa carnosa con molti semi. E raro l'utilizzo del frutto allo stato fresco se non in macedonia, mentre più facile reperirlo "trasformato" in marmellate, gelatine, sciroppi, succhi, creme, salse e canditi.

I corbezzoli possono anche essere conservati sotto spirito e, in Sardegna e Corsica, se ne ricava un vino particolare o, per distillazione, una tipica acquavite.


Dai frutti, foglie e fiori si estraggono principi attivi con proprietà astringenti, antisettiche, antinfiammatorie, antireumatiche.


Sicuramente per  il prodotto più conosciuto e rinomato ottenuto dal corbezzolo è il miele, molto pregiato ma difficile da produrre: è considerato il più importante miele per benefici e proprietà curative, forse addirittura superiore al miele di Manuka. Si pu  ricavare solo dove l’attività delle api prosegue anche durante l’autunno, quindi in particolare in Sardegna.         Una volta raccolto, pu  essere necessario un ulteriore intervento dell’apicoltore per ridurne l’umidità. Le api, infatti, potrebbero non essere in grado di concentrarlo a sufficienza e un’elevata umidità potrebbe dar luogo a fenomeni di fermentazione.

Il miele di corbezzolo si presenta di colore ambrato quando liquido, mentre vira al nocciola/ marrone con tonalità grigio/verdi quando cristallizza. Il sapore è forse la nota più caratteristica di questo miele dal gusto amaro, raffinato, con note di caffè, cacao e tabacco. Sia aroma che odore sono molto forti, intensi e pungenti. Questa sua peculiarità lo rende davvero un miele di nicchia e riservato agli estimatori di questo gusto così particolare.

Il miele di corbezzolo ha tantissime proprietà benefiche che lo rendono un alimento preziosissimo. Come tutti i mieli di colore scuro, è ricchissimo di antiossidanti, soprattutto polifenoli e flavonoidi. È inoltre, un importante antinfiammatorio e, al pari di altre tipologie di miele, è molto utile per contrastare tosse, mal di gola e vari malanni di stagione.

E per concludere, anche qui un’esclamazione che potrebbe trarre in inganno perchè in effetti, non ha nulla a che fare con il frutto. In uso soprattutto in periodi passati o quando, difronte a bambini, si vuole evitare l’uso di parole troppo esplicite, l’esclamazione scherzosa, di meraviglia

"corbezzoli!" infatti, non fa nessun riferimento al corbezzolo, ma  viene utilizzata quando vogliamo dimostrare il nostro stupore, cercando per  di porre una sorta di censura: la parola corbezzoli, infatti, sarebbe un eufemismo della parola corbelli,  un ulteriore eufemismo per indicare una parte del corpo maschile: i testicoli.

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